Una convocazione dal sapore nuovo

di Emiliano Tognetti

foto di Lorenzo Falciani

La 42° convocazione dei Gruppi e delle Comunità che si è svolta a Rimini dal 5-7 Aprile scorso, ha avuto quest’anno un sapore diverso rispetto alle ultime convocazioni.

Il motivo di questa differenza è molto semplice: si è chiuso un quadriennio di servizio e si è spiritualmente preparata la strada a coloro che saranno i prossimi responsabili, locali e nazionali dal 2019 al 2022.

Del venerdì 5 aprile, abbiamo già raccontato in diretta dalla Fiera.

Sabato 6 invece è stato il “giorno pieno”, che ha visto molte dinamiche svolgersi da mattina a sera.

Particolarmente grato è stato il ricordo di Bruna Pernice che, in occasione dei 20 anni del meeting bambini, ha testimoniato come nacque il meeting, che poi si è evoluto ed ampliato agli adolescenti e fino ai 18 anni. Le testimonianze di 3 giovani hanno poi permesso ai presenti di poter apprezzare quanto sia stato importante fare questa esperienza fin dalla tenera età: dalla bambina che in una letterina si definisce “figlia del delegato nazionale”, alla presentazione di colui che divenuto il simbolo stesso del meeting: Carismino, la goccia dello Spirito Santo.

È stato poi presentato il CD 2019 “Mi salverai”, accompagnato dal video “I Smile”, di cui vi mettiamo il link perché possiate vederlo e condividerlo.

Come ogni anno, non poteva mancare il saluto del padrone di casa, il vescovo di Rimini S.E. Monsignor Francesco Lambiasi, che indirizzando il saluto ai partecipanti ha ricordato ai presenti che è l’incontro con Gesù che rinnova il cuore e che mettendo il cuore “sotto carica”, possiamo provare: la Gioia della Filialità (grazie allo Spirito Santo che non ci fa sentire abbandonati e figli dello stesso Padre) e la Gioia della Fraternità (in quanto figli teneramente amati). Questo perché sapendo fare silenzio, possiamo decidere quando arriviamo davanti ad un bivio che oggi ci chiama spesso in causa: quello fra noia e gioia.

A spiegare, per il secondo intervento sulla parabola di Zaccheo, è stato chiamato monsignor Santo Marcianò, ordinario militare per l’Italia, che ha spiegato attraverso alcune parole chiave l’episodio del vangelo di Luca. Dall’Ascolto, come accoglienza piena di gioia della Parola di Dio, alla Discesa, come Gesù che scende a Gerico (città simbolo del peccato) per incontrare Zaccheo. Dopo la Gioia dell’ascolto e l’umiltà per stare accanto agli ultimi, l’altra parola chiave dopo “essere tornati in sé stessi” è andare: entrare nel nostro intimo per vedere le piccolezze del peccato e delle vergone, fino all’andare per Accogliere l’altro che è sempre un mistero per noi. “il bambino, l’anziano, il malato” sono misteri che vanno accolti. E vanno accolti di Fretta, perché lo Spirito Santo mette in agitazione lo spirito di chi incontra e lo rende solerte verso il mondo. Ultima parola da ricordare è Madre: la chiesa è madre e condivide con i suoi figli la gioia dell’annuncio e della salvezza. A seguire il secondo Roveto Aredente, in adorazione del Santissimo Sacramento.

Il pomeriggio è stato animato da un dibattito, attraverso la tavola rotonda tema “Chiamati a restituire dignità all’uomo e a non ‘lasciarci rubare la speranza’”, moderata da Antonio Preziosi, direttore di Rai Parlamento, con due esponenti del mondo del cristianesimo impegnato: un economista del calibro di Stefano Zamagni e un magistrato come Alfredo Mantovano. In una serie di interventi che è impossibile sintetizzare dato il livello degli interventi, possiamo riportare alcune parole chiave che sono state lasciate ai presenti. “L’economia uccide”, frase di Papa Francesco, derivata dal suo approccio filosofico del “realismo storico” (la realtà è il principio delle cose) e la sua declinazione come una certa economia, capitalistica o statalista sia fuori dalla ragionevolezza delle cose e veramente riduca l’uomo a ciò che non è, uno “scarto umano”. Dalle attività economiche e sociali come inclusive, si è passati al valore etico e legale della legge, quale strumento per favorire l’uomo ed il suo recupero in caso di errore: questa è la filosofia della cosiddetta giustizia riparativa. Accanto a questi interventi, due esempi: uno di economia che include, come raccontato dall’imprenditore Marco Bartoletti, al recupero tramite l’esperienza di Prison, come raccontato da Marcello Baldini, avvocato con un trascorso molto forte.

A concludere la tavola rotonda, il commento di Salvatore Martinez, che ha ricordato l’impegno del Rinnovamento per la Cultura di Pentecoste e il connubio fra cultura, economia e sociale a servizio dell’uomo.

L’amministratore apostolico della Terra Santa, monsignor Pierbattista Pizzaballa, ha celebrato la messa del sabato e alla fine dell’eucaristia ha chiesto preghiere per il Medio Oriente e per i cristiani, che sono veramente i nuovi martiri del terzo millennio.

La domenica, giorno conclusivo della Convocazione, è stato metter un punto fermo e fare un piccolo punto della situazione. Due gli interventi: il primo di Mario Landi, coordinatore nazionale ed il secondo, come da tradizione, l’intervento conclusivo del presidente Salvatore Martinez.

Mario Landi, sì è soffermato in particolare  sullo statuto ed ha accennato brevemente alle novità introdotte, quali quelli dei gruppi di piccole dimensione e sull’importanza della figura del diocesano, ora che il Comitato Regionale di Servizio è stato tolto dal nuovo statuto; punto più importante è stato però quello di chiarire le idee per la scelta dei nuovi responsabili, locali, diocesani e nazionali che devono avere un requisito che lo Spirito Santo suscita: il “dono del governo e della pastoralità”, al servizio dei fratelli.

Salvatore Martinez, riprendendo il racconto di Zaccheo, lo rilegge alla luce delle dinamiche del Rinnovamento come una sorta di cammino per una nuova effusione. Intanto Salvatore ha chiarito che Zaccheo, da peccatore è stato giustificato da Gesù, resto giusto e poi ci ha ricordato che il Signore vuole la guarigione completa dell’uomo: quella dell’anima, quella del cuore e quella del corpo, perché noi siamo un tutt’uno di fronte a Dio. Zaccheo come anche simbolo dell’amore di Dio che “si ricorda” di ognuno di noi, cioè ci “riporta al cuore”, come indica l’etimologia del nome. Dal brano, Salvatore accenna all’importanza della comunità come luogo della “stabilità”, elemento necessario per la crescita nella fede. Zaccheo è poi per noi il simbolo di come si torna dalla conversione e dall’effusione: lui che esce di casa senza il Signore, torna a casa con Gesù e si ferma da lui. Il Signore viene a recuperare ciò che era perduto. Inoltre, bisogna sempre tenere a mente un fenomeno, anche se noi spesso facciamo molta fatica: Dio può certamente compiere un “prodigio”, ma il miracolo generalmente avviene nel tempo: Dio ci guarisce e lavora con noi nel tempo, gradualmente ci porta ad essere sani e santi. Noi poi siamo chiamati a spogliarci di tutto, non solo a rendere ciò che non è nostro, ma a liberarci di tutto ciò che ingombra il nostro cuore; i ricchi entrano più difficilmente nel regno dei Cieli perché hanno il cuore pieno di idoli, questo Zaccheo lo ha ben capito ed è per questo che dona la metà dei suoi beni ai poveri.

La messa conclusiva è stata presieduta da Don Guido Pietrogrande, assistente nazionale del movimento; anche lui è arrivato al termine del quadriennio, su nomina della CEI e attende di sapere con anelito missionario, dove lo Spirito vorrà mandarli per strade a Lui note, fino “agli estremi confini della terra” (At 1,8) .

L’ultimo gesto di saluto, è stato pregare per chiedere allo Spirito Santo di parlare ai cuori e suscitare nuovi responsabili, perché anche loro possano essere dei “sicomori” che permettono a chi è basso di statura, di vedere Gesù!

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