La mia lotta per la pace: intervista a Sua Eminenza il cardinal Dieudonné Nzapalainga

di Emiliano Tognetti

Il Salone del Libro di Torino, in questa edizione 2022, ha visto un ospite di eccezione, un testimone vivente che vive la sua vocazione pastorale alla ricerca della pace nel suo gregge e fra i suoi concittadini. Stiamo parlando di Sua Eminenza il cardinal Dieudonné Nzapalainga, C.S.Sp. Arcivescovo di Bangui, nella repubblica Centroafricana.

Noi di “7Gifts.org” eravamo presenti ed abbiamo avuto la possibilità di rivolgergli qualche domanda, in una breve intervista che vi proponiamo di seguito:

  • Eminenza, lei è impegnato nel processo di riconciliazione e pacificazione del suo Paese, dilaniato dalla guerra civile, come racconta nel suo libro “La mia lotta per la pace. Centrafrica, un cardinale per il dialogo” (ED LEV). Secondo lei, perché uccidere è contrario alla natura e alla ragione umana?
  • Per me, Dio ha creato l’essere umano per la vita e non mi appartiene il “togliere la vita ad un uomo”, per questo uccidere è contrario alla volontà divina. Non solo è contraria alla volontà divina, ma pure al progetto dell’essere umano; dai diritti umani, tutti gli uomini sono uguali. Che diritto ho, per uccidere il fratello o la sorella? La ragione ci deve spingere a rispettare e a collaborare con l’altro, però sappiamo che dentro ad ogni uomo, c’è un lupo: spesso è questo lupo che abbiamo in fondo al cuore, che ci spinge a fare il male. I cristiani parlano del diavolo. È ora di guardarci come fratelli e non come nemici, di non togliere la vita ad un’altra persona.
  • Secondo lei, fra i vari comandamenti, ce n’è uno che si lega particolarmente al “non uccidere”? Se sì, quale e perché?
  • Come saprai, il primo comandamento dice “Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l’anima tua e con tutta la tua mente” (Mt 12,37) e “Amerai il prossimo tuo come te stesso” (Mt 12, 39). Se amo mio fratello, non posso ucciderlo; il fratello non è un nemico; piuttosto, devo stare attento alla sua vita, a prendermene cura e a collaborare con lui. Quelli che pensano che uccidere sia una buona azione si sbagliano, perché tolgono quello che c’è di più importante ed è la vita. Ogni uomo è unico, è sacro e deve dare il suo personale contributo e con questo, partecipa alla costruzione della società e per la cura dell’umanità; “non uccidere”, è un modo per dire “attenzione c’è un limite che non puoi superare”. Se non seguiamo questo modo di ragionare, allora si rischia di diventare “onnipotenti” e che è permesso anche uccidere; ecco perché bisogna fermare la mano del diavolo, dicendo “non ucciderai”: se lo faccio, è per proteggerti, per proteggere me stesso ed anche le persone intorno a noi. Nessuno è al di sopra della legge e questa legge deve essere recepita da tutti e noi siamo molto lontani da questa visione comune.
  • Lei è impegnato nel dialogo interreligioso fra le varie religioni, come fattore di pace nel suo paese. Quanto e come vede che la fede nel Dio Unico, è fattore di pace? Che cosa dice Dio ai cuori di chi si mette in ascolto?
  • Se non avessi avuto fede in Dio, probabilmente mi sarei sparato di fronte alle atrocità che ho visto, perché la fede permette di superare l’assurdo e di capire i limiti. È difficile spiegare perché un potente uccide un’altra persona, e se io non ho fede allora, farò del male davanti al male ricevuto; la fede in Dio mi permette di ascoltare la parola che mi dice “amate i vostri nemici” (MT 5,44). È molto difficile, però è il “cammino del sorpasso”, per andare oltre le difficoltà; a volte ragioniamo a livello “orizzontale”, però bisogna guardare verso l’alto, guardare l’aspetto “verticale” per non restituire il male che, forse, uno ha ricevuto. Nella lettera di San Paolo ai Romani 12,21, si legge “non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene”; quando prego il Padre, gli dico di perdonare i miei peccati, nella misura in cui noi li perdoniamo, come Gesù che nel cuore e nella sofferenza sulla croce dice “Padre perdona loro” (Lc 23,34). Quando perdono, è un dono che arriva dall’Alto, che arriva veramente da un’altra parte; solo la fede mi permette, veramente, di dare la mano al mio nemico e di dirgli “ti perdono” e con questa fede mi sento liberato da questa oppressione del male, non sono più schiavo perché Gesù mi ha liberato per la parola di Dio e posso cominciare una nuova vita. Ecco il cammino di pace che Dio ci propone in Cristo, però non ci dimentichiamo che ha detto dopo la Resurrezione “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” (Gv 14,27), ma pace che arriva dopo la prova; quando si è in difficoltà e si ascolta il Signore che è nel nostro cuore, si riescono a fare cose che altre persone non riescono a fare e questo è il senso profondo della fede. E quando si dice che “La fede sposta le montagne (Mc. 11,22-23), è proprio questo.
  • Grazie!
  • Grazie a voi e Dio vi benedica.

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