Il nome di Dio è Misericordia: intervista ad Andrea Tornielli

di Emiliano Tognetti

Recentemente è uscito il libcopertina il nome di Dio è misericordiaro di Andrea Tornielli sull’intevista che ha fatto a papa Francesco sulla Misericordia.

“Il nome di Dio è Misericordia” edito da PIEMME è una sorta di piccola guida per capire meglio quest’anno giubilare.

Noi di “7Gifts.org” abbiamo contattato l’autore e gli abbiamo posto qualche domanda.

Buona lettura!

  • Carissimo Andrea, tu sei autore o co-autore del libro intervista con papa Francesco, “Il nome di Dio è Misericordia” edito da Piemme. La prima domanda è quasi d’obbligo: come ti è venuta in mente questa idea? Ne accenni un po’ nel libro, ma ce ne puoi parlare più approfonditamente?

Che effetto ti ha fatto incontrarlo e stare un po’ con lui?

L’idea mi è venuta mentre il Papa proclamava a sorpresa l’Anno Santo straordinario della misericordia. Ho pensato che sarebbe stato bello potergli porre delle domande su questo, sul perché la misericordia sia così centrale nella sua predicazione e nel suo magistero. Per quanto riguarda l’effetto: non era la prima volta che lo incontravo e che lo intervistavo. Ma stare seduto di fronte al Papa è sempre qualcosa di grande, e percepisci tutta la tua inadeguatezza. Anche se poi lui ti mette completamente a tuo agio.

Prima di addentrarci nel libro, una considerazione: possiamo dire che ti sei inserito in un filone molto curioso, quello delle pubblicazioni edite a quattro mani con i papi? Ricordiamo il caro Vittorio Messori con “Varcare le soglie della Speranza” sotto il Pontificato di Giovanni Paolo II e poi con un po’ di anticipo “Rapporto sulla fede” con il cardinal Joseph Ratzinger che poi sarà Benedetto XVI del quale ricordiamo il libro intervista “Luce del mondo. Il Papa, la Chiesa” con il collega Peter Seewald. Pensi che nasca un nuovo genere letterario? Che implicazioni positive e negative pensi possa avere?

Rispondo alla prima domanda: sì e no. Sì perché come nel caso dei libri di Messori e Seewald si tratta di interviste nate per diventare un libro e non per essere pubblicate su giornali e riviste. No perché nel mio caso si è trattato di una conversazione focalizzata soltanto su un argomento e non ha spaziato su vari temi di attualità e di vita della Chiesa, come nelle più corpose interviste di Messori e Seewald. Non so se sia nato un nuovo genere letterario: l’intervista è un genere ben consolidato. Il libro-intervista pure. Nel caso mio si tratta di un libro che entra nel cuore del tema del Giubileo che stiamo vivendo, spero possa essere un ulteriore piccolo sussidio per viverlo meglio.

Veniamo al libro: il tema centrale è ovviamente la misericordia che papa Francesco definisce come “la carta di identità” di Dio. Quali tratti sono più salienti della misericordia divina, secondo papa Francesco? Quali i luoghi comuni da sfatare in un tempo che, diciamolo, fa di questi spesso il modo di vedere ed affrontare la realtà?

La misericordia divina è l’amore infinito di Dio per noi: un Dio che ci rimane fedele anche quando noi siamo infedeli, che ci cerca per donarci il suo perdono, che ci precede, che cerca ogni strada e ogni spiraglio per venirci incontro. Ed è un amore sovrabbondante, che supera qualsiasi nostra aspettativa. Sui luoghi comuni da sfatare: che la misericordia sia «buonismo» e porti a confondere il male con il bene in una melassa indistinta; che la misericordia sia un premio difficile da ottenere per il quale servono tanti pre-requisiti; che la nostra vita sia così segnata dal male e dal peccato da farci credere che sia impossibile risollevarci.

Questo è l’anno della Misericordia. Dal tuo osservatorio di giornalista dei sacri palazzi, vedi già qualche cambiamento nella Chiesa, intesa sia a livello gerarchico che popolare? Secondo te, i fedeli ed i pastori, stanno cominciando ad odorare “di pecora” (cit. papa Francesco)?

Non è facile rispondere, ci sono esperienze positive e resistenze. Per quanto riguarda l’Anno Santo, mi sembra che il Papa lo abbia voluto con pochi eventi e con tanti sacramenti. Ma non so se ogni realtà locale, ogni parrocchia, lo vive e lo propone così.

Veniamo alle opere di Misericordia: leggendo il libro si nota una certa propensione del papa per i carcerati, ho notato che li nomina spesso nelle sue risposte. È così o è solo un’impressione? Secondo te, quale suggerimento ci sta dando il Santo Padre per vivere almeno una delle opere elencate dal Vangelo in questo anno Giubilare?

C’è una oggettiva vicinanza, sintonia, attenzione verso il mondo delle carceri. Francesco ad ogni viaggio vuole una tappa in un carcere, tiene contatti telefonici con un carcere minorile in Argentina, riceve lettere dalle carceri e risponde. È un’attenzione che ci invita a considerare le opere di misericordia, ma anche a guardare con occhi misericordiosi chi ha sbagliato. Francesco dice sempre di essere un «peccatore perdonato» e di non «sentirsi migliore» di chi sta in carcere, perché – afferma – se le circostanze della vita fossero state diverse «io sarei potuto essere qui», al posto di questo o di questa carcerata.

Perché per papa Francesco è importante il sacramento della confessione, ovvero la chiave principale per accedere alla Misericordia di Dio? Ti risulta fra l’altro che sia il sacramento più “dimenticato” ed “accantonato” dal popolo cristiano?

È importante riconciliarci con Dio nell’oggettività dell’incontro con un prete che agisce «in persona Christi», cioè come se fossimo davanti a Gesù. Certamente la riconciliazione è un sacramento in crisi, ma Francesco lo rilancia con i gesti prima ancora che con le parole, perché è stato il primo Papa a essere fotografato e filmato mentre si inginocchia davanti al confessionale. «Dio non si stanca mai di perdonare, siamo noi che ci stanchiamo di chiedergli perdono», disse il Papa nella prima omelia a braccio davanti ai fedeli, nella chiesa di sant’Anna in Vaticano, domenica 17 marzo 2013. Oltre a chiedere perdono dobbiamo avere anche l’umiltà di inginocchiarci di fronte a un prete.

Ci puoi spiegare un po’ meglio cosa intende papa Francesco quando afferma che il sacerdote, in nome di Dio, pur di perdonare il fratello penitente deve cercare “uno spiraglio”? a cosa fa riferimento?

Al fatto che Dio cerca tutte le strade per venirci incontro. L’esempio contenuto nella mia domanda è tratto da un romanzo di Bruce Marshall «A ogni uomo un soldo». Il protagonista del libro, l’abate Gaston, doveva confessare un giovane soldato tedesco che i partigiani francesi stavano per condannare a morte. Il soldato aveva confessato la sua passione per le donne e le tante avventure amorose che aveva avuto. L’abate aveva spiegato che doveva pentirsi. E lui: «Come faccio a pentirmi? Era una cosa che mi piaceva, se ne avessi l’occasione lo farei anche adesso. Come faccio a pentirmi?». Allora all’abate Gaston, che voleva assolvere quel penitente ormai in punto di morte, era venuto un lampo di genio e aveva detto: «Ma a te rincresce che non ti rincresca?». E il giovane, spontaneamente, aveva risposto: «Sì, mi rincresce che non mi rincresca». Cioè mi spiace di non essere pentito. La fessura sulla porta che aveva permesso l’assoluzione… In questo esempio – letterario e dunque non realmente accaduto – è tratteggiato in modo geniale l’atteggiamento di un Dio, e di una Chiesa, che le tenta tutte per salvare le anime.

Un’ultima domanda che ti rivolgo da professionista della comunicazione: nella chiesa si parla correttamente di “giubileo della Misericordia”, sui media forse un po’ troppo frettolosamente di “giubileo di Francesco”. Non credi che ci sia il rischio di una personalizzazione eccessiva dell’attuale pontefice sulle sue iniziative? Che rischi di diventare una sorta di “brand” per vendere meglio un prodotto che tira, rischiando di perdere di vista Gesù Cristo e la missione della Chiesa che è l’evangelizzazione?

Certo, questo rischio esiste e ogni personalizzazione non è mai positiva quando si parla della Chiesa. Ma una cosa è il protagonismo mediatico e la personalizzazione semplificante messa in atto da certi media (rischio peraltro esistito anche in passato), un’altra cosa è la forza di una testimonianza personale: è quest’ultima a comunicare un’esperienza vera, una vita vera.

Ultimissima domanda, vediamo se hai studiato: quali sono le condizioni richieste per ricevere l’indulgenza plenaria nell’anno giubilare? Tu le farai vero, da buon cristiano?

Confessarsi, comunicarsi e pregare secondo le intenzioni del Papa. Ma Francesco ha spiegato, nella Lettera a monsignor Fisichella, che anche le opere di misericordia sono una via per ottenerla, anche senza passare per una delle tantissime porte sante che abbiamo vicino a noi. Io non sono un «buon cristiano», ma sì, ho già vissuto tutto questo e spero di poterlo rivivere ancora più volte durante questo Anno Santo.

Grazie mille!

Prego, grazie a voi!

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