Io non ho paura (2°parte)

di Emiliano Tognetti

(segue dalla prima)…

Abbiamo davanti storie reali di persone che si conoscono, si piacciono e dopo poco tempo, un mese o due, già convivono o vivono da sposati senza esserlo, poi si vengono a noia e si lasciano perché “non era la persona giusta per me”, “non eri come m’immaginavo”. E spesso, quando si rendono conto di una scelta “sbagliata” cosa fanno? O si rassegnano e si deprimono (e quando va bene, vanno in psicoterapia), o tradiscono o si divorziano. E quante sofferenze ha portato “il divorzio”? E quanto è costato, sia in termini economici e personali questo diritto? Certo a volte è un bene allontanarsi da una persona pericolosa, ma nella vita di molte famiglie, quanto questa è stata la via apparentemente più facile per risolvere dei problemi dovuti a una sola necessità “il mio stare bene con me stesso/a”, il mio egoismo.

E lo stesso vale per i figli. Qui siamo alla schizofrenia: io vorrei avere il diritto di poter interrompere la gravidanza da un lato (e spesso per la paura della gravidanza stessa e per non essere in grado di assumersi le responsabilità di leggerezze commesse prima del concepimento) e poi si spendono energie, risorse e vite per fare di tutto per avere un figlio “prima che sia troppo tardi” quando il tempo passa e l’orologio biologico sta per esaurire il suo tempo.

So che possono sembrare cose che non c’entrano, ma nella realtà a quanti di noi figli ha fatto piacere vedere genitori che si separavano? Quante gelosie sono nate? Quanti problemi reali hanno risolto? E voi donne, quanto hanno inciso davvero i problemi economici nella scelta se tenere un figlio o meno? O piuttosto non vi siete spesso sentite abbandonate ingiustamente da certi maschi che definire “vigliacchi” è dire poco?

Dico questo perché spesso dietro a certi “diritti” e certe “libertà” si nascondono sofferenze atroci, di cui si ha notizia solo quando ci sono degli epiloghi tragici o riguardano persone conosciute e note ai più.

E oggi? Beh il tema si è spostato sulle coppie civili, sui conviventi (gli stessi che negli anni 70, se non erro, rinnegavano il matrimonio civile perché ingabbiava l’amore libero) e sulle adozioni.

Sinceramente mi sembra che la soluzione migliore fosse stata individuata qualche anno fa quando qualcuno propose il riconoscimento di “diritti individuali” legati alla persona e ai suoi bisogni reali: diritto della persona ad essere assistita in ospedale da chi vuole, in carcere da chi la ama, lasciare beni e proprietà (fatte salve le legittime) a chi si desidera etc.

La famiglia civile, non è un negare un qualcosa a qualcuno perché è cittadino di serie A mentre l’altro è di sere B; ma è riconoscere che ci sono condizioni diverse in base all’apporto che due persone portano alla comunità tutta: i figli! E questo all’interno di un sistema di possibilità che non devono essere portate all’estremo e nel range della ragionevolezza: spendere migliaia di euro per la fecondazione (in vitro o eterologa etc.) se ci si pensa, è da folli! E spesso sono i soliti ricchi che possono permettersi questi lussi! Perché dietro a certi diritti, si nascondono profitti che vanno da 5/6.000,00 a 30.000,00/40.000,00 euro a bambino.. Basta andare su internet per vedere questo, ci sono i cataloghi delle cliniche private o convenzionate che mettono i listini on line! Tutti possono vederlo, ma tanti sono omertosi, tacciono.

“Ed i gay?” mi si dirà? Perché loro non possono essere famiglie come le altre? Perché non lo sono, tutto qui! O meglio, non lo sono perché la famiglia non è solo “il luogo degli affetti”, di cui sopra! Anche due amici sono sue persone che si vogliono bene, ma non sono una famiglia! Sono una coppia, che è diverso!

La famiglia, secondo me, è il luogo dove si ha la possibilità di far nascere e crescere dei figli, futuri cittadini della comunità. Gli affetti, appartengono alla sfera personale e lo stato non deve entrarci!

Il rispetto, quello vero, non quello sbandierato va riconosciuto a tutti, indipendentemente dalle loro condizioni personali! Qualunque esse siano! E se anche passasse la cosiddetta legge “Cirinnà”, non cambierebbe la realtà pratica per molte persone, nel senso che anche se si arrivasse alla cosiddetta “famiglia universale”, la natura avrebbe sempre le sue ragioni che la mente umana non conosce.

Nessuno sia discriminato per le sue posizioni o convinzioni, ma nessuno si illuda che il riconoscimento legale dei propri desideri sia il primo passo per una reale uguaglianza! La vera uguaglianza la si ha affrontando i problemi reali di chi li vive quotidianamente (io posso anche avere il “diritto al salario”, ma se non si crea lavoro, non gira l’economia e non hanno i soldi per pagarmi ed io, col “diritto al salario”, ci faccio vento).

Quindi passati i toni della polemica, cerchiamo di dare risposte concrete e reali a bisogni concreti e reali delle persone, basandoci su un piano di realtà e non di idealità sui cui spesso costruiamo i nostri progetti personali ed in maniera ego-centrica.

Dio vi benedica.

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